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Lavorare rende meno dei sussidi per chi è a casa? Marina Calderone: «La sfida è coniugare solidarietà e crescita»


di
Marina Calderone, ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali

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La ministra: «Tecnologie, formazione e inclusione di giovani e donne: così si costruisce un mercato del lavoro capace di affrontare anche l’inverno demografico»

Dopo l’articolo pubblicato su Corriere il 16 agosto dal titolo Lavorare rende meno che stare a casa ad aspettare il sussidio, gli italiani addormentati dai bonus, a firma di Alberto Brambilla, pubblichiamo l’intervento della ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone.

Le politiche di contrasto alla povertà misurano la capacità di uno Stato di alimentare la coesione sociale. Per il nostro Paese, a ciò si aggiunge, in linea con i valori cristiani e di progresso sociale evocati dalla nostra Costituzione, l’ambizione di un’inclusione più ampia. È necessario riconoscere che il Reddito di Cittadinanza, proponendosi di tenere assieme le due dimensioni del contrasto alla povertà e dell’inserimento lavorativo ha rappresentato un tentativo ambizioso, rivelatosi però fallimentare perché compromesso fin dall’inizio da questa sua contraddittorietà. Come evidenziato proprio su queste pagine, ha offerto una protezione che, in molti casi, ha ridotto la motivazione a cercare un impiego, contribuendo inoltre ad alimentare il lavoro sommerso (con l’obiettivo di sommare sussidio e salario in nero).




















































Con l’introduzione di strumenti come l’Assegno di Inclusione (ADI) e il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL), insieme all’implementazione della piattaforma SIISL, abbiamo segnato un netto cambio di paradigma. Siamo passati dall’erogazione di benefici senza vincoli, a un approccio più consapevole, accompagnato da una efficace analisi multidimensionale e incentrata su percorsi di attivazione, formazione e inserimento professionale. Ciò ha permesso di superare il trade-off tra sussidio e lavoro, e ha consentito che quasi 300.000 ex percettori fossero reinseriti nel mercato del lavoro regolare.

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La lezione più importante, che come Governo Meloni abbiamo dato, riguarda proprio queste platee: i dati dimostrano che, con accompagnamento personalizzato e opportunità concrete, anche coloro che provengono da situazioni di grave svantaggio possono trovare un posto dignitoso nella società. A giugno di quest’anno, dopo 18 mesi di fruizione della prestazione, quasi 35.000 nuclei sono infatti usciti dal perimetro ADI. Che, non dobbiamo dimenticare, assegna un aiuto più generoso del passato, ma anche più mirato al sostegno delle vere fragilità e all’inclusione.

Sono necessarie politiche sempre più personalizzate, in grado di combinare sostegno economico, formazione continua e incentivi all’assunzione.

L’uso delle nuove tecnologie è decisivo

La già citata piattaforma SIISL, utilizzata in tutte le sue potenzialità , rappresenta un punto di svolta per superare il disallineamento frizionale tra domanda e offerta di lavoro, valorizzare competenze e attenuare la frustrazione legata all’errato collegamento tra candidato e lavoro.
In particolare, le politiche di inclusione devono accompagnare due categorie cruciali: i Neet e le donne, quest’ultime troppe volte escluse dal mercato del lavoro per mancanza di servizi e rigidità organizzative.
Portare più giovani e più donne al lavoro non è solo un obiettivo sociale, ma una necessità vitale per contrastare l’inverno demografico che assedia il nostro futuro. E poi dare ulteriore forza e concretezza al Piano Mattei, che sta già dando ottimi risultati sul fronte dell’immigrazione inclusiva.

Le politiche attive non possono essere più considerate un mero dettaglio tecnico, ma devono costituire un pilastro strategico del nuovo modello di sviluppo. Voglio ribadirlo: formazione, riqualificazione, incentivi e servizi di conciliazione familiare sono gli strumenti necessari per trasformare una rete di welfare in un percorso di emancipazione.

La dignità delle persone avanza con la loro possibilità di esprimere e mettere a frutto pienamente le proprie capacità, al di là delle condizioni contingenti, contando sia sulle proprie forze sia su un attivo supporto del welfare 

L’Italia affronta una sfida epocale. Non possiamo più utilizzare strumenti che alimentino l’attesa passiva; dobbiamo costruire percorsi che liberino energie marginalizzate, valorizzino talenti e mettano in movimento le comunità e i territori. Solo così potremo affrontare la crisi demografica e restituire al lavoro il suo ruolo di leva di crescita e coesione

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18 agosto 2025 ( modifica il 18 agosto 2025 | 14:09)

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