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Bonus mamme lavoratici 2025: ecco perché è insufficiente



Nel 2025, il sostegno alle madri lavoratrici viene confermato ma in modo deludente: ecco come funziona il bonus per l’anno in corso e perché la somma stanziata a ogni singolo genitore è insufficiente.


Il decreto-legge del 30 giugno 2025, n. 95, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 149, prevede un contributo mensile di 40 euro — o per ogni frazione di mese lavorato — erogato a fine anno in un’unica soluzione dall’INPS su domanda della richiedente. Tale somma è totalmente esente da imposte e contributi, non concorre al reddito imponibile né all’ISEE, e richiede un reddito complessivo annuo da lavoro sotto i 40.000 euro.

Il sostegno è destinato a:

  • madri con almeno due figli, titolari di qualsiasi forma contrattuale (tempo determinato, indeterminato, autonome o libere professioniste), fino al decimo anno del figlio più giovane;
  • madri con tre o più figli nelle stesse forme contrattuali, fino al diciottesimo anno del figlio minore.

A queste famiglie si aggiungono le madri con tre o più figli con contratto a tempo indeterminato: per loro prosegue fino al 31 dicembre 2026 lo sgravio integrale dei contributi previdenziali IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti), previsto dalla Legge di Bilancio 2024, sino a un massimo di 3.000 euro annui (250 euro al mese), gestito attraverso NoiPA.

Il ministro Giorgetti ha accolto positivamente l’allargamento delle risorse e le nuove modalità di concessione, sottolineando l’obiettivo di sostenere l’occupazione femminile, favorire la partecipazione al mercato del lavoro e contrastare la denatalità con interventi di medio-lungo termine.

Le cifre non reggono alla realtà: ecco perché il bonus mamme lavoratici 2025  è insufficiente

Pur aumentando i fondi (180 milioni aggiuntivi ai 300 già stanziati, per un totale di 480 milioni nel 2025), il beneficio resta simbolico: solo 40 euro al mese, pari a 480 euro lordi annui, da percepire in un’unica soluzione prima di Natale. Se da un lato si apprezza la continuità dell’intervento, dall’altro risulta evidente quanto questa misura sia del tutto insufficiente rispetto alle spese reali delle famiglie.

A dimostrarlo è l’impatto reale del costo della vita nel 2025. Nonostante l’inflazione annua sia diminuita, attestandosi attorno all’1,7 % a giugno e luglio — con una dinamica core stabile intorno al 2 % — la pressione sui bilanci resta forte. Secondo stime recenti, una famiglia media sostiene un costo mensile di circa 2.738 euro di spese nette, con voci primarie dedicate all’abitazione (984 euro) e all’alimentazione (526 euro). Stime analoghe di famiglie di tre persone indicano una spesa di 3.280 euro ogni mese.

In pratica, i 40 euro al mese coprono a malapena il 1–2 % delle spese familiari più essenziali. Per le famiglie senza margini, questa cifra non fa che evidenziare quanto le tensioni su affitti, bollette, generi alimentari, trasporti e servizi sanitari siano ormai imparagonabili a qualsiasi bonus una-tantum. E non si può ignorare come, negli ultimi anni, gli aumenti su pane, pasta, olio, utenze, dentista e medicine abbiano eroso il potere d’acquisto delle famiglie, anche dove l’inflazione media appare moderata.

Uno sguardo realistico sul risultato effettivo

  • Una tantum inefficace: i 480 euro netti distribuiti a dicembre non rispondono ai bisogni quotidiani;
  • Riduzione del potere d’acquisto: malgrado l’inflazione sia bassa (circa 1,7 %), l’aumento cumulato dei prezzi negli ultimi anni ha eroso il reddito reale, in particolare di chi ha figli;
  • Spese insostenibili: famiglie che spendono tra 2.700 e 3.300 euro al mese non possono contare su un supplemento di poche decine di euro.

Scenari futuri

In teoria, l’iniziativa del 2025 rappresenta un segnale. In pratica, però, si tratta di un’elemosina: appena 40 euro al mese per sostenere chi affronta il quotidiano più critico. Un investimento che ha il sapore amaro della retorica, più che della politica concreta.

È urgente andare oltre il gesto simbolico e affrontare con strumenti robusti l’emergenza sociale ed economica delle famiglie con figli:

  • adeguare i sussidi ai costi effettivi della vita;
  • estendere i contributi in forma mensile o dilazionata;
  • collegare gli aiuti al numero di figli (oltre due) e al livello di spesa reale;
  • rafforzare parallelamente politiche di salario minimo, sostegno agli affitti, accesso a servizi e welfare universale.

Perché vivere dignitosamente, soprattutto con più figli, oggi richiede molto più di un bonus di 40 euro: serve un cambiamento strutturale.



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