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L’Europa ridisegna la mappa dell’energia


Se la rete elettrica è imprescindibile per la transizione green, la rete dei gasdotti e i terminal di Gnl rappresentano invece la risposta più immediata alla crisi attuale, innescata con l’invasione russa dell’Ucraina, che ha portato i prezzi del gas alle stelle. Per la Commissione europea, progetti come la Baltic Pipe tra Norvegia, Danimarca e Polonia o l’Igb tra Grecia e Bulgaria rappresentano tasselli strategici per ridurre la dipendenza da fornitori unici e aumentare la resilienza del sistema.

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L’interconnettore del gas tra Danimarca e Polonia, inaugurato nel 2022, è un progetto chiave di diversificazione che trasporta fino a dieci miliardi di metri cubi (bcm) di gas all’anno dai mari del Nord alla Polonia e, successivamente, all’Europa centrale e orientale, una regione storicamente dipendente dalle forniture di Mosca. La Baltic Pipe è un Ipcei del 2013 e ha ricevuto circa duecentosessantasette milioni di euro di finanziamenti europei.

L’interconnettore Grecia-Bulgaria (Ibg) è stato inaugurato il primo ottobre 2022 e fornisce un collegamento diretto tra i sistemi nazionali del gas naturale di Grecia e Bulgaria. Aumenterà la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nella regione dell’Europa sudorientale, diversificando rotte e fonti dal mar Caspio e dal Medio Oriente e collegandosi al progetto di interconnessione Turchia-Grecia-Italia (Itgi). Il gasdotto Igb ha una capacità iniziale di tre milioni di metri cubi all’anno (in direzione sud-nord).

Il gasdotto Balticconnector, insieme al collegamento del gas tra Polonia e Lituania (Gipl), collega invece la rete gas finlandese alla rete europea continentale, ponendo fine all’isolamento della Finlandia. Il progetto consente inoltre alla Finlandia e agli Stati baltici di diversificare le fonti, le rotte e le controparti del gas, aumentando la sicurezza dell’approvvigionamento e la solidarietà energetica nella regione.

Non solo tubo. A venire in soccorso all’Unione europea, per fare fronte al crollo delle forniture di gas dalla Russia, è il Gnl. I centotrentasette miliardi di metri cubi di gas naturale importati dalla Russia nell’Unione europea nel 2021 sono stati ridotti del settantasette per cento, attestandosi a trentuno virgola sei miliardi di metri cubi nel 2024.

La quota di gas russo tramite gasdotto sul totale delle importazioni energetiche dell’Unione europea è diminuita drasticamente dal quarantuno per cento del 2021 a circa il diciotto per cento nel 2024. È stata sostituita sostanzialmente dal Gnl proveniente dagli Stati Uniti, che ha fornito il quarantacinque per cento delle importazioni di Gnl dell’Unione europea nel 2024, e da importazioni di gas tramite gasdotto dalla Norvegia (cinquanta per cento rispetto al trenta per cento nel 2021), dal Nord Africa (diciotto per cento) e dall’Azerbaigian (sette per cento).

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Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Europa ha aggiunto settantotto virgola sei miliardi di metri cubi di nuova capacità di rigassificazione del Gnl, di cui settanta virgola nove miliardi aggiunti dall’Unione europea, secondo i dati pubblicati dall’Institute for Energy Economics and Financial Analysis.

Tra i Paesi che hanno aggiunto capacità di rigassificazione dal febbraio 2022 figurano Germania (ventiquattro virgola sette bcm), Paesi Bassi (tredici bcm), Turchia (sette virgola sette bcm), Italia (sette virgila cinque bcm), Francia (sei virgola cinque bcm) e Belgio (sei virgila tre bcm).

Guardando al futuro, la Commissione europea punta molto sull’idrogeno. Nel prossimo biennio, le infrastrutture per l’idrogeno beneficeranno di sovvenzioni per ventuno studi di sviluppo per un importo di oltre duecentocinquanta milioni di euro. Le sovvenzioni sono destinate a progetti in Austria, Belgio, Cechia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Lettonia, Polonia, Portogallo, Spagna e Svezia: in particolare il progetto BarMar H2med tra Spagna e Francia, con un interconnettore sottomarino tra Barcellona e Marsiglia lungo quattrocentocinquantacinque chilometri; i progetti spina dorsale in Italia, Portogallo e Spagna; i corridoi e le rotte dell’idrogeno nella regione baltica.

Ci sono voluti diciotto anni di pianificazione, oltre quaranta progetti infrastrutturali e più di un miliardo e duecento milioni di euro di investimenti europei. Ma alla fine ci sono riusciti: l’otto febbraio 2025 Estonia, Lettonia e Lituania si sono sganciate dalla rete elettrica di Russia e Bielorussia, e il giorno dopo si sono sincronizzate con quella europea attraverso la Polonia.

Hanno così segnato la loro piena integrazione nel mercato interno dell’energia dell’Unione europea e, soprattutto, l’indipendenza europea dalla rete elettrica sotto il controllo del presidente russo, Vladimir Putin. «Ne è valsa la pena. Perché non si tratta solo di energia: la sincronizzazione riguarda la sovranità. Ricordiamo il millenovecentonovanta, quando l’Unione Sovietica impose un blocco economico ed energetico alla rinata Lituania. Un atto disperato per fermare l’indipendenza. Eppure eccoci qui oggi, uniti, trentacinque anni dopo, a tagliare l’ultima dipendenza dall’energia russa», ha esultato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel corso della cerimonia. «Queste catene di linee elettriche, che collegano gli Stati baltici a vicini ostili, saranno un ricordo del passato. Questa è libertà. Libertà da minacce e ricatti», ha aggiunto.

L’iniziativa – di portata storica – rientra in quella strategia europea che vede nelle infrastrutture energetiche la componente fondamentale di ogni azione geopolitica. Già nel novembre 2023 la Commissione aveva lanciato il Piano d’azione per le reti, con l’obiettivo di colmare i ritardi infrastrutturali e garantire che l’elettricità rinnovabile raggiungesse in modo efficiente cittadini, imprese ed ecosistemi industriali.

L’Europa dispone attualmente di una rete elettrica tra le più avanzate e resilienti al mondo. Eppure, le sfide del prossimo decennio impongono un’accelerazione senza precedenti. Il consumo elettrico è destinato a salire del sessanta per cento entro il 2030, spinto dalla diffusione di pompe di calore, veicoli elettrici, comunità energetiche e produzione di idrogeno. Per stare al passo, la capacità di trasmissione transfrontaliera dovrà raddoppiare, passando dagli attuali novantatré GW a oltre centottanta GW.

Il piano dell’Unione europea prevede un investimento stimato in cinquecentoottantaquattro miliardi di euro solo per questo decennio, di cui tra i trecentosettantacinque e i quattrocentoventicinque miliardi destinati al rinnovo e alla digitalizzazione delle reti di distribuzione, infrastrutture spesso obsolete (il quaranta per cento ha oltre quarant’anni), ma fondamentali per l’integrazione delle rinnovabili decentralizzate.

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Le misure annunciate puntano su sette assi: accelerazione dei progetti di interesse comune (Ipcei), pianificazione a lungo termine, incentivi normativi ex ante, miglior uso delle reti, accesso ai finanziamenti dell’Unione europea, semplificazione autorizzativa e rafforzamento delle catene di approvvigionamento.

I progetti di interesse comune europeo sono lo strumento operativo principale di questa strategia. Tra quelli già avviati o completati, il Celtic Interconnector, che collega l’Irlanda e la Bretagna in Francia, consentirà ai due Paesi di scambiare settecento megawatt di elettricità, l’equivalente della fornitura di energia a circa quattrocentocinquantamila case. Fornirà l’unico collegamento energetico diretto dell’Irlanda all’Europa continentale, migliorando così la sicurezza dell’approvvigionamento per gli utenti di elettricità irlandesi, riducendo i costi e facilitando la transizione dell’Irlanda verso un futuro energetico a basse emissioni di carbonio.

Il progetto fornirà anche un collegamento diretto in fibra ottica tra Irlanda e Francia. Nel 2019, il progetto ha ricevuto cinquecentotrenta virgola sette milioni di euro dal Cef (Connecting Europe Facility) per completare la progettazione e la consegna dell’interconnettore Celtico entro il 2026 (per essere operativo dal 2027).

Il CobraCable, invece, è un nuovo collegamento offshore, lungo circa trecentocinquanta chilometri e con una capacità di settecento megawatt, che unisce Danimarca e Paesi Bassi. L’interconnessione consente l’integrazione di una maggiore quantità di energia rinnovabile ed è stata progettata per permettere il collegamento di un parco eolico offshore in una fase successiva. Garantirà inoltre la sicurezza energetica, aumentando gli scambi tra i due Paesi e fornendo un backup per altri collegamenti in caso di guasti. Il progetto è stato completato nel 2019 e faceva parte del corridoio prioritario della Northern Seas Offshore Grid (Nsog).

L’interconnessione del Golfo di Biscaglia è il nuovo collegamento elettrico lungo trecentosettanta chilometri attraverso il Golfo di Biscaglia: rafforzerà l’interconnessione tra Spagna e Francia e migliorerà la sicurezza e la garanzia dell’approvvigionamento. L’interconnessione via cavo sottomarino aumenterà inoltre l’efficienza di entrambi i sistemi elettrici, riducendo la necessità di centrali elettriche per coprire i picchi di domanda e, allo stesso tempo, abbattendo i costi di generazione. Una volta operativo, il progetto raddoppierà la capacità di scambio di energia elettrica tra Francia e Spagna, portandola a cinquemila MW, sufficiente a fornire elettricità a zero emissioni a circa due milioni di famiglie ogni anno, evitando al contempo l’emissione di seicento milioni di tonnellate di CO2. I lavori dovrebbero concludersi entro il 2028.

A metà 2027 dovrebbe essere invece operativa in Germania l’interconnessione Nord-Sud, che fa parte del programma di espansione della rete elettrica tedesca e mira ad aumentare la capacità ai confini settentrionali e meridionali del Paese. Il cavo sotterraneo, da circa quattrocento chilometri per duemila MW, consentirà una maggiore integrazione delle energie rinnovabili e renderà più stabile l’approvvigionamento energetico da queste fonti, migliorando così la sicurezza.

Il progetto eviterà inoltre ricadute negative sulla rete dei Paesi confinanti, come Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.

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C’è poi Elmed, il primo progetto elettrico – che collega l’Europa con un Paese terzo – ad essere finanziato nell’ambito di Cef Energy. È il primo cavo elettrico sottomarino ad alta tensione che collega Italia e Tunisia: è lungo duecento chilometri e richiede un investimento complessivo di ottocentocinquant milioni di euro; riceverà oltre trecentosette milioni di euro di fondi dell’Unione europea. È attualmente in fase di costruzione e dovrebbe entrare in funzione nel 2028.

Ancora in fase primordiale è Bornholm Energy Island, un interconnettore ibrido innovativo, unico nel suo genere, nel mar Baltico, che consente sia di collegare Danimarca e Germania sia di integrare tre GW di capacità di parchi eolici offshore. L’obiettivo è renderlo operativo nel 2034.

L’Unione europea punta però anche sulle reti intelligenti. Il progetto Sincro.Grid, ad esempio, crea un centro di controllo virtuale tra Slovenia e Croazia per gestire in modo efficiente la variabilità delle rinnovabili, mentre la Smart Border Initiative promuove soluzioni condivise tra regioni di confine come Saarland e Lorena. L’obiettivo è garantire un sistema più flessibile, sicuro e sostenibile.

Il Danube InGrid, invece, è un progetto smart grid transfrontaliero tra Ungheria e Slovacchia, che integrerà le energie rinnovabili e bilancerà il sistema in modo più efficiente.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul numero 65 di We – World Energy, il magazine di Eni.

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