L’economia globale ed europea si trovano ad affrontare una combinazione di rischi noti a cui si sommano nuove incertezze. Da un lato, i fattori geopolitici continuano a pesare, mentre dall’altro, l’attesa per l’insediamento della nuova amministrazione Usa, il rischio di un rallentamento dell’economia cinese e le dinamiche politiche in Francia e Germania acuiscono le fragilità del quadro di riferimento. Il livello di incertezza nell’ultimo decennio è strutturalmente più elevato rispetto a quello precedente. Dopo il picco del 2020 legato alla pandemia da Coronavirus, il grado di incertezza era temporaneamente calato, per tornare a risalire già due anni dopo con lo scoppio della guerra in Ucraina.
L’economia globale rimane resiliente, nonostante l’eterogeneità tra paesi e settori. Si prevede che la crescita del Pil globale si rafforzerà leggermente al 3,3% nel 2025 e rimarrà stabile a questo livello fino al 2026. L’inflazione continua a moderarsi e la componente “core” rientra ormai negli obiettivi delle banche centrali per la maggior parte delle economie. Anche la tensione sul mercato del lavoro si è allentata, seppure i tassi di disoccupazione rimangano generalmente pari o prossimi ai minimi storici. Tuttavia, i rischi gettano un’ombra su quello che altrimenti sarebbe uno scenario centrale relativamente positivo. I principali rischi riguardano l’intensificarsi ulteriore delle tensioni geopolitiche, l’inflazione che potrebbe rivelarsi più persistente del previsto e una brusca rivalutazione del rischio nei mercati finanziari.
Automazione, creatività e tecnologia (Act) dei macchinari italiani come leva di competitività
Nell’affrontare lo scenario internazionale, l’Italia può contare sulle esportazioni a elevata sofisticazione di beni strumentali. In particolare, su quelli che si distinguono per l’alta intensità di automazione, creatività e tecnologia. Act comprende 225 categorie di prodotto che si articolano in 12 comparti legati alla produzione di macchinari e accomunate soprattutto dall’elevato grado di precisione, da una presenza dell’elettronica sempre più pervasiva rispetto alla parte meccanica, dall’agilità nell’adottare soluzioni su misura e da un crescente contenuto di servizi nell’offerta di vendita. Per la quasi totalità delle categorie di beni considerate (212 su 225), l’Italia esprime un vantaggio competitivo sia in termini di prezzo applicato per la vendita, sia, a parità di prezzo, per le più elevate quantità di macchinari vendute. Ricordiamo che le principali aziende italiane in ambito macchine utensili sono Prima Industrie, Salvagnini, Breton, Camozzi, Biesse, Bonfiglioli, Scm, mentre in quello per il packaging Coesia, Ima, Marchesini, Sacmi e tanti altri.
Quanto vale l’export italiano di macchinari ad alta intensità di Automazione, Creatività e Tecnologia? Circa 32,1 miliardi di euro e con un potenziale di crescita stimato in 8 miliardi. Lo evidenzia la seconda edizione di Ingenium, il rapporto del Centro Studi Confindustria realizzato con il sostegno di Federmacchine. I mercati avanzati assorbono 21,6 miliardi di euro, mentre quelli emergenti 10,5 miliardi. Le Americhe registrano la crescita maggiore, con il Messico primo mercato di sbocco. Il potenziale aggiuntivo si distribuisce piuttosto equamente tra paesi avanzati (4,6 miliardi) ed emergenti (3,3 miliardi), suggerendo alle imprese di accrescere le loro quote di mercato in entrambi. Negli avanzati, gli Stati Uniti guidano (+760 milioni), seguiti da Germania e Francia (+470 milioni ciascuno). Tra gli emergenti spiccano Cina (+760 milioni), India (+472 milioni) e Turchia (+364 milioni).
Mercati avanzati ed emergenti pongono sfide diverse ma offrono entrambi un elevato potenziale sfruttabile
Realizzare il potenziale dell’export non è automatico, ma richiede un aumento della produzione, trainato dagli investimenti. È quindi necessario uno sforzo coordinato di imprese e istituzioni per favorire un irrobustimento generalizzato del sistema produttivo e della sua competitività: se da un lato le imprese dovrebbero impegnarsi nel destinare risorse a investimenti produttivi, dall’altro le istituzioni dovrebbero spronare questo processo mitigando gli elementi di incertezza e predisponendo incentivi per tutte le imprese che decidano di reinvestire i propri utili per l’acquisto di beni strumentali.
La digitalizzazione, poi, riveste un ruolo cruciale: rafforzarla è essenziale anche per integrare l’IA nelle industrie esistenti. Nel 2023, il mercato italiano dell’intelligenza artificiale è cresciuto però solo del 52%, raggiungendo 760 milioni di euro, infatti il divario rispetto a Usa e Cina resta significativo. Con solo il 5% degli investimenti rispetto a quelli statunitensi, l’Europa è in ritardo e l’Italia fatica soprattutto tra le Pmi: solo il 18% ha avviato progetti di IA contro il 61% delle grandi imprese.
Rafforzare i legami commerciali con i paesi europei e individuare ambiti di collaborazione avanzata con gli Stati Uniti
In un contesto sempre più incerto è infine fondamentale utilizzare al meglio gli accordi di libero scambio già conclusi dalla Ue e finalizzarne altri, come quello con il Mercosur, per ottenere ulteriore accesso preferenziale a mercati strategici. È inoltre necessario rafforzare i legami commerciali con i paesi europei e individuare ambiti di collaborazione avanzata con gli Stati Uniti, anche per fronteggiare la concorrenza di blocchi commerciali integrati come il Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) in Asia.
Bettelli (Federmacchine): «La necessità sempre più forte di operare nell’arena internazionale richiede uno studio attento del contesto»
«Il Rapporto Ingenium sottolinea l’impatto decisivo dei fattori geopolitici sui flussi commerciali e di investimento. Tensioni, conflitti e sfide globali, come l’approvvigionamento energetico e tecnologico, influenzano le scelte di governi e imprese. Con l’insediamento della nuova amministrazione americana, ci aspettiamo un’accelerazione delle dinamiche globali, mentre auspichiamo che l’Europa ritrovi il coraggio di scelte epocali. Il tempo di agire è ora: imprese e istituzioni devono lavorare insieme per tradurre il potenziale individuato in esportazioni effettive e consolidare il ruolo dell’Italia come leader globale. È per questo che auspichiamo che venga al più presto organizzata una missione in Messico, che dalle analisi del Csc risulta tra i primi cinque paesi emergenti per potenziale dell’export di beni Act, con un margine di miglioramento pari a 281 milioni di euro. Ogni ritardo potrebbe tradursi in opportunità perse per il nostro sistema industriale», ha detto Barbara Cimmino, vice presidente per l’Export e l’Attrazione degli Investimenti di Confindustria.
«L’industria italiana del bene strumentale assicura da sempre un contributo decisivo al saldo della bilancia commerciale del paese, operando su mercati molto variegati per geografia, cultura e tipologia della domanda. La necessità sempre più forte di operare nell’arena internazionale e la crescente complessità che questa attività porta con sé, in parte determinata dalle generali condizioni di incertezza, impongono uno studio attento del contesto. I risultati emersi da questa seconda edizione di Ingenium sono un utile strumento per comprendere quali sono le aree a maggior potenziale e quali le direttrici di sviluppo del business da seguire per assicurare il miglioramento della competitività dell’offerta di made in Italy settoriale», ha aggiunto Bruno Bettelli, presidente Federmacchine.
(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 21 gennaio 2025)
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